快乐 (kuàilè) – La felicità in Cina costa un chicco di riso Volunteers say
L'inesprimibile bellezza di un'esperienza dall'altra parte del mondo, grazie ad un progetto del RETC di Changle (Fujian), raccontata da Antonio, 25 anni, neolaureato in Medicina, divulgatore e amante delle neuroscienze. Un bagno caldo tra i sapori e i suoni di un popolo generoso con gli occhi a mandorla.
Così come per riprodurre le sensazioni che si provano nell’apprezzare un piatto di orecchiette al sugo della nonna in Puglia occorrerebbe mangiarlo ed essere esattamente a casa della nonna, allo stesso modo diventa complesso descrivere forme e colori di tre settimane passate in Cina senza l’ausilio di parole, inchiostro, odori e gusti di quella terra, il Regno di Mezzo, come la traduzione letterale dei caratteri 中國 (zhongguo) sta a significare. Ma ci proverò lo stesso.
Ho avuto la preziosa possibilità di trascorrere a Settembre un periodo della mia vita nel Fujian, provincia del sud della Cina, grazie ad un progetto internazionale promosso in connubio dal Royal’s English Training Center (RETC) in Changle, una scuola privata di inglese per studenti cinesi, ed il college Yinxiang di Guian. Un’occasione unica per fare esperienza di una cultura straordinaria e oltremodo diversa dalla nostra, attraverso un corso di lingua cinese e diversi laboratori esperienziali di cultura cinese, tra cui una serie di lezioni di Kungfu, la visita in una azienda produttrice di tè al gelsomino, la lezione di calligrafia tradizionale cinese, la realizzazione homemade di ravioli (餃子, jiǎozi), lo shooting fotografico con abiti tradizionali cinesi, soltanto per citarne alcuni.
La scelta di candidarmi per questo progetto ha avuto molteplici ragioni: la fascinazione per l’Oriente, l’adrenalina dello shock culturale, staccare la spina dopo lo sprint finale che mi ha condotto a laurearmi a luglio. Concedere una ricarica al mio spirito esausto. Ed in effetti è stato un toccasana per il cuore. E sono riuscito a godere appieno di questa esperienza anche grazie alla speciale compagnia di altri giovani che, come me, erano lì alla ricerca di qualcosa, ed al team del RETC sempre disponibile a rendere le nostre giornate quanto più appaganti possibili.
I primi giorni la sensazione di essere finiti su un altro pianeta o sul set di qualche pellicola distopica è pervasiva, unita all’immersione in un mondo di scritte, odori, volti e suoni inusuali. Il traffico folle, l’acqua calda servita ovunque, le morbide bubbles nelle bibite, pagare in Renminbi, gli sguardi sconcertati di alcuni cinesi nel vedere per la prima volta il volto di un occidentale dal vivo. Dormire sui letti di legno, pranzare alle 11.45, “nihao” piuttosto che ciao, la musica pop cinese in radio, comunicare a gesti, in inglese, in italiano, in polacco, nella lingua universale di tutti i contesti internazionali. Tutto ciò inizialmente mette alla prova lo spirito di adattamento, l’essere resilienti diventa una risorsa utilissima. Dopo qualche giorno, la Cina è già casa. L’inimitabile spirito di accoglienza delle persone dagli occhi a mandorla, disponibili a qualsiasi ora ad offrirti il tè seguendo un rigido rituale nel servizio, ha creato ponti nelle distanze interculturali, definendo relazioni davvero sorprendenti. Le lezioni di cinese si svolgevano in un clima sereno ed amichevole, affiancati da ragazzi cinesi che ci assistevano nella comprensione di una lingua assai diversa e complessa. Avere un nome cinese di tre caratteri ci ha permesso di calarci completamente nell’universo mandarino (quindi piacere, 安托尼, Āntuōní). Da bravi italiani, non abbiamo esitato ad insegnar loro qualche pillola di italiano, o a preparare per loro gli spaghetti all’amatriciana (con contorno di malinconia per il food nostrano).
E’ stato sorprendente avere la possibilità di vivere la Cina vera, quella delle città medie (con milioni di abitanti!) e piccole, il caos degli scooter elettrici, dei mercati all’aperto. Durante la settimana è stato possibile visitare i principali luoghi d’interesse della zona, in città a Fuzhou, nelle terme di Guian, ma anche raggiungendo statue, templi e pagode buddiste e taoiste immerse nell’aria pura della giungla subtropicale tra i sentieri più reconditi dell’Oriente non prettamente turistico. I weekend sono stati momenti di “fuga” personale verso le città più avvincenti dell’enorme Repubblica Popolare Cinese: Xiamen, Shanghai e Beijing (Pechino) erano mete imperdibili in un viaggio dall’altra parte del mondo.
In questo percorso, durato quasi un mese, luci e colori erano molto diversi da quelli che incontro nella mia ritrovata quotidianità italiana. “Il cielo cinese è più blu” mi venne da dire durante un tragitto in auto. Con una catapulta, ci tornerò volentieri in quel cielo che ha segnato con un pennello la mia esistenza, scrivendoci 快乐, felicità.