The Human Library. Don't judge a book by its cover

L’idea è semplice, ma potente: dare tempo e luogo ad una collettività di persone, di storie viventi che si mettono direttamente a disposizione del pubblico per raccontare il proprio punto di vista, pronte a farsi consultare da chiunque sia interessato ad ascoltarle e scoprire nuove prospettive.

 

Una biblioteca fatta di persone, da non giudicare in base alla copertina. The Human Library è il nome che riunisce un’organizzazione, un movimento e una piattaforma di apprendimento senza scopo di lucro contraddistinti da un approccio innovativo, interculturale e partecipativo, nonché dalla vocazione di sfidare gli stereotipi e contrastare le forme di stigma sociale. Il progetto della “biblioteca umana”, nato in Danimarca su iniziativa di Ronni Abergel, debuttò nell'ambito del Roskilde Music Festival di Copenhagen nella primavera del 2000 (il suo nome originario era quello nella lingua locale, Menneskebiblioteket). Da allora, a seguito del grande successo ottenuto, si è sviluppato tanto da essere oggi diffuso in oltre 85 Paesi distribuiti fra Europa, Asia, Africa, Australia, America del Nord e America del Sud; in molti di questi stati il suo metodo è registrato da The Human Library Organization, che ha tuttora la propria sede centrale nella città dove tutto è cominciato. Più precisamente, la storia dietro la nascita della  ha avuto inizio nel 1993, quando Ronni Abergel, suo fratello Dany Abergel, Christoffer Erichsen, Asma Mouna e Thomas Bertelsen – all’epoca tutti adolescenti – crearono una ONG giovanile chiamata Stop The Violence per reagire all’accoltellamento di un amico comune che era recentemente avvenuto a Copenaghen, al fine di contribuire a ridurre gli episodi di violenza giovanile e di combattere alcuni stereotipi negativi sui giovani danesi che avevano circondato la notizia dell'aggressione subita.

L’idea è semplice, ma potente: dare tempo e luogo ad una collettività di persone, di storie viventi che si mettono direttamente a disposizione del pubblico per raccontare il proprio punto di vista, pronte a farsi consultare da chiunque sia interessato ad ascoltarle e scoprire nuove prospettive. I “libri” non si limitano a esporre un discorso, bensì si offrono di rispondere alle domande dei lettori, senza evitare le più scomode e difficili, nella conversazione che segue. Ogni volontario rappresenta un gruppo che è spesso oggetto di pregiudizi, stigmatizzazione o discriminazioni nella nostra società; ciascuno di loro porta il proprio bagaglio di esperienze, in tutti i casi legato ad una specificità che andranno a trattare come tema centrale della propria narrazione (dopo aver seguito un corso di formazione per diventare libro e scelto il proprio titolo). Condividono l’obiettivo di diffondere una conoscenza più profonda o più concreta delle diverse realtà umane da loro rappresentate, facendo questo all’interno di uno spazio sicuro per sé e per i lettori; di rendere possibile un dialogo libero e diretto su temi che molti lettori potrebbero altrimenti non incontrare mai, temere di approfondire o sollevare da soli, o non riuscire a conoscere e comprendere allo stesso modo senza uno scambio umano con i diretti interessati, una comunicazione che sia interattiva e modulabile. Il buon funzionamento degli scambi fra libro e lettore è favorito dalla compresenza agli eventi di altri volontari, definiti “bibliotecari”, che conducono gli incontri.

In sintesi, i valori fondanti che The Human Library si propone di perseguire e diffondere con le sue iniziative sono l'apertura mentale, quale atteggiamento per conoscere l’altro e superare i pregiudizi; l'equità, il rispetto verso la diversità da accogliere e abbracciare; la promozione di un modello di comunicazione che la renda onesta e libera da tabù. Abergel afferma che, oltre a conoscere meglio il mondo degli altri, attraverso questa esperienza si impara molto anche su di sé.

 Se la sua mission si può riassumere nello slogan “unjudge someone”, che invita al superamento dei giudizi che nascono da una visuale limitata, a livello pratico si traduce in una ricerca dell’autosostentamento e di opportunità di sviluppo ulteriore per il progetto, che punta a raggiungere sempre più persone mediante l’espansione delle sue collezioni di libri umani e l’organizzazione di nuovi eventi.

In Danimarca esistono quattro “depositi bibliotecari”, ovvero centri dove si riuniscono i volontari che scelgono di farsi libri o bibliotecari; costoro visitano spesso biblioteche tradizionali, scuole e festival per portare il proprio contributo peculiare. Il valore formativo del progetto – approvato fra le buone prassi per l’integrazione e la valorizzazione delle diversità dall’European Commission’s Directorate-General for Justice, Freedom and Security – è tanto apprezzato che i percorsi di studi all’Institute of Social Work di Copenhagen includono un’esperienza di interazione con la Biblioteca e molti studenti nel mondo, fra cui quelli di medicina della Thomas Jefferson University negli USA, sono coinvolti nel progetto. Anche in ambito aziendale, all’interno di società internazionali dove si incontrano individui di varie culture e che vivono diverse condizioni, i progetti volti a favorire un approccio generale alla diversità più positivo possono migliorare l’ambiente di lavoro (a questo proposito, dei grandi marchi hanno già avviato una partnership con l’organizzazione, che è stata coinvolta nel settore HR. Oltre all’attività formativa ed ai molteplici eventi di cui si rende parte in molte città sparse nel mondo, questa particolare biblioteca può vantare altresì delle pubblicazioni nel senso tradizionale.

Chi ha una storia atipica da raccontare, che sia per dissipare dei luoghi comuni o perché se ne parli di più, può contattare l’organizzazione (anche dal sito del progetto) e farsi avanti come libro parlante: la biblioteca è sempre in cerca di nuovi titoli!